''Quel Dio di cui aveva sentito parlare, ma che, da gran tempo, non si curava di negare nè di riconoscere, occupato soltanto a vivere come se non ci fosse, ora, in certi momenti di abbattimento senza motivo, di terrore senza pericolo, gli pareva sentirlo gridar dentro di sè: Io sono però.''
Manzoni, Promessi Sposi, Notte dell'Innominato.
leggi anche
http://www.tempi.it/taz-bao/007964-il-cittadino-cristo
e Una Presenza irriducibile
http://www.comunioneliberazione.org/articoli/ita/volCL_1109.htm
sabato 21 novembre 2009
domenica 8 novembre 2009
Il Crocifisso fa parte della storia del mondo e rappresenta tutti
I giornali cambiano, spesso in peggio...
Non togliete quel crocifisso è segno del dolore umano
Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule della scuola. Il nostro è uno stato laico che non ha diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso. La signora Maria Vittoria Montagnana, insegnante a Cuneo, aveva tolto il crocefisso dalle pareti della sua classe. Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo. Ora si sta battendo per poterlo togliere di nuovo, e perché lo tolgano da tutte le classi nel nostro Paese. Per quanto riguarda la sua propria classe, ha pienamente ragione. Però a me dispiace che il crocefisso scompaia per sempre da tutte le classi. Mi sembra una perdita. Tutte o quasi tutte le persone che conosco dicono che va tolto. Altre dicono che è una cosa di nessuna importanza. I problemi sono tanti e drammatici, nella scuola e altrove, e questo è un problema da nulla. E’ vero. Pure, a me dispiace che il crocefisso scompaia. Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato. Ogni imposizione delle autorità è orrenda, per quanto riguarda il crocefisso sulle pareti. Non può essere obbligatorio appenderlo. Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo. Un insegnante deve poterlo appendere, se lo vuole, e toglierlo se non vuole. Dovrebbe essere una libera scelta. Sarebbe giusto anche consigliarsi con i bambini. Se uno solo dei bambini lo volesse, dargli ascolto e ubbidire. A un bambino che desidera un crocefisso appeso al muro, nella sua classe, bisogna ubbidire. Il crocifisso in classe non può essere altro che l'espressione di un desiderio. I desideri, quando sono innocenti, vanno rispettati. L'ora di religione è una prepotenza politica. E' una lezione. Vi si spendono delle parole. La scuola è di tutti, cattolici e non cattolici. Perchè vi si deve insegnare la religione cattolica? Ma il crocifisso non insegna nulla. Tace. L'ora di religione genera una discriminazione fra cattolici e non cattolici, fra quelli che restano nella classe in quell'ora e quelli che si alzano e se ne vanno.
Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace.
E' l'immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo "prima di Cristo" e "dopo Cristo". O vogliamo forse smettere di dire così? Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. E' muto e silenzioso. C'è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte del muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa di particolare, che suscita pensieri contrastanti. I diritti delle minoranze vanno rispettati. Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.
Il crocifisso fa parte della storia del mondo.
Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l'immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e dei prossimo. Chi è ateo, cancella l'idea di Dio ma conserva l'idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c'è immagine. E' vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l'idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici.
Alcune parole di Cristo, le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. Ha detto "ama il prossimo come te stesso". Erano parole già scritte nell'Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. Il contrario degli aerei che gettano le bombe sulla gente indifesa. Il contrario degli stupri e dell'indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. Si parla tanto di pace, ma che cosa dire, a proposito della pace, oltre a queste semplici parole? Sono l'esatto contrario del modo in cui oggi siamo e viviamo. Ci pensiamo sempre, trovando esattamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora, o anzi forse completamente impossibile, e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto. Il crocifisso queste parole non le evoca, perché siamo abituati a veder quel piccolo segno appeso, e tante volte ci sembra non altro che una parte dei muro. Ma se ci viene di pensare che a dirle è stato Cristo, ci dispiace troppo che debba sparire dal muro quel piccolo segno. Cristo ha detto anche: "Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perchè saranno saziati". Quando e dove saranno saziati? In cielo, dicono i credenti. Gli altri invece non sanno né quando né dove, ma queste parole fanno, chissà perché, sentire la fame e la sete di giustizia più severe, più ardenti e più forti. Cristo ha scacciato i mercanti dal Tempio. Se fosse qui oggi non farebbe che scacciare mercanti. Per i veri cattolici, deve essere arduo e doloroso muoversi nel cattolicesimo quale è oggi, muoversi in questa poltiglia schiumosa che è diventato il cattolicesimo, dove politica e religione sono sinistramente mischiate. Deve essere arduo e doloroso, per loro, districare da questa poltiglia l'integrità e la sincerità della propria fede. lo credo che i laici dovrebbero pensare più spesso ai veri cattolici. Semplicemente per ricordarsi che esistono, e studiarsi di riconoscerli, nella schiumosa poltiglia che è oggi il mondo cattolico e che essi giustamente odiano. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e non credenti, ai cattolici falsi e veri, esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere, e il non credere vanno e vengono come le onde del mare. Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessuno soffre. Amano magari il crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla. E' tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri.
su L'Unità del 25 marzo 1988 Natalia Ginzburg (1916-1991) scrittrice italiana ebrea
Grazie a Nicola Currò per la segnalazione
Non togliete quel crocifisso è segno del dolore umano
Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule della scuola. Il nostro è uno stato laico che non ha diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso. La signora Maria Vittoria Montagnana, insegnante a Cuneo, aveva tolto il crocefisso dalle pareti della sua classe. Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo. Ora si sta battendo per poterlo togliere di nuovo, e perché lo tolgano da tutte le classi nel nostro Paese. Per quanto riguarda la sua propria classe, ha pienamente ragione. Però a me dispiace che il crocefisso scompaia per sempre da tutte le classi. Mi sembra una perdita. Tutte o quasi tutte le persone che conosco dicono che va tolto. Altre dicono che è una cosa di nessuna importanza. I problemi sono tanti e drammatici, nella scuola e altrove, e questo è un problema da nulla. E’ vero. Pure, a me dispiace che il crocefisso scompaia. Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato. Ogni imposizione delle autorità è orrenda, per quanto riguarda il crocefisso sulle pareti. Non può essere obbligatorio appenderlo. Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo. Un insegnante deve poterlo appendere, se lo vuole, e toglierlo se non vuole. Dovrebbe essere una libera scelta. Sarebbe giusto anche consigliarsi con i bambini. Se uno solo dei bambini lo volesse, dargli ascolto e ubbidire. A un bambino che desidera un crocefisso appeso al muro, nella sua classe, bisogna ubbidire. Il crocifisso in classe non può essere altro che l'espressione di un desiderio. I desideri, quando sono innocenti, vanno rispettati. L'ora di religione è una prepotenza politica. E' una lezione. Vi si spendono delle parole. La scuola è di tutti, cattolici e non cattolici. Perchè vi si deve insegnare la religione cattolica? Ma il crocifisso non insegna nulla. Tace. L'ora di religione genera una discriminazione fra cattolici e non cattolici, fra quelli che restano nella classe in quell'ora e quelli che si alzano e se ne vanno.
Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace.
E' l'immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo "prima di Cristo" e "dopo Cristo". O vogliamo forse smettere di dire così? Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. E' muto e silenzioso. C'è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte del muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa di particolare, che suscita pensieri contrastanti. I diritti delle minoranze vanno rispettati. Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.
Il crocifisso fa parte della storia del mondo.
Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l'immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e dei prossimo. Chi è ateo, cancella l'idea di Dio ma conserva l'idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c'è immagine. E' vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l'idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici.
Alcune parole di Cristo, le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. Ha detto "ama il prossimo come te stesso". Erano parole già scritte nell'Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. Il contrario degli aerei che gettano le bombe sulla gente indifesa. Il contrario degli stupri e dell'indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. Si parla tanto di pace, ma che cosa dire, a proposito della pace, oltre a queste semplici parole? Sono l'esatto contrario del modo in cui oggi siamo e viviamo. Ci pensiamo sempre, trovando esattamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora, o anzi forse completamente impossibile, e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto. Il crocifisso queste parole non le evoca, perché siamo abituati a veder quel piccolo segno appeso, e tante volte ci sembra non altro che una parte dei muro. Ma se ci viene di pensare che a dirle è stato Cristo, ci dispiace troppo che debba sparire dal muro quel piccolo segno. Cristo ha detto anche: "Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perchè saranno saziati". Quando e dove saranno saziati? In cielo, dicono i credenti. Gli altri invece non sanno né quando né dove, ma queste parole fanno, chissà perché, sentire la fame e la sete di giustizia più severe, più ardenti e più forti. Cristo ha scacciato i mercanti dal Tempio. Se fosse qui oggi non farebbe che scacciare mercanti. Per i veri cattolici, deve essere arduo e doloroso muoversi nel cattolicesimo quale è oggi, muoversi in questa poltiglia schiumosa che è diventato il cattolicesimo, dove politica e religione sono sinistramente mischiate. Deve essere arduo e doloroso, per loro, districare da questa poltiglia l'integrità e la sincerità della propria fede. lo credo che i laici dovrebbero pensare più spesso ai veri cattolici. Semplicemente per ricordarsi che esistono, e studiarsi di riconoscerli, nella schiumosa poltiglia che è oggi il mondo cattolico e che essi giustamente odiano. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e non credenti, ai cattolici falsi e veri, esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere, e il non credere vanno e vengono come le onde del mare. Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessuno soffre. Amano magari il crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla. E' tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri.
su L'Unità del 25 marzo 1988 Natalia Ginzburg (1916-1991) scrittrice italiana ebrea
Grazie a Nicola Currò per la segnalazione
martedì 28 luglio 2009
PRENDERE SUL SERIO IL DESIDERIO DI FELICITA': LA SFIDA DEL PRESENTE
14 MAGGIO: LANCIO DEL RAZZO ARIANE COL SATELLITE PLANCK
Se quel missile potesse prendere coscienza di sé , cosa direbbe?
"Sono tutto fatto per raggiungere il cielo, per assestarmi nell'orbita prestabilita.
La spinta che ho dentro viene da chi mi ha progettato e poi costruito e mi fa puntare diritto allo scopo".
Provate a pensare: 17 anni ci sono voluti per costruire quel missile con dentro due satelliti per misurare delle differenze impercettibili di temperatura, per fotografare l'universo quando era bambino. Quanto lavoro, quanto studio, quanti secoli per arrivare a questo!
E io? E io che sono? Di che cosa sono fatto? Da dove sorge il mio io? Dove punta?
Quel missile è il nostro cuore. Anzi, "la natura mi mette dentro una spinta assai più potente che non quella di un missile, una spinta così radicale che mi costituisce" Senso Religioso p.81
"Mi accorgo, allora, che la mia origine è come un seme di potente dinamismo che non mi lascia tregua e mi spinge verso un termine ignoto, verso una sponda che sta al di là di tutto quel che vedo, che sta al di là di tutto quel che tocco, che sta al di là di tutto quel che faccio; qualcosa che sta al di là di tutto, che non può essere uniformato al tutto, ma che è assolutamente diverso da tutto. Tanto è vero che questa aspirazione alla bontà, alla giustizia, alla felicita, è ciò che rende l'uomo così diverso da tutto. " Autocoscienza del cosmo p.99s
Una madre, che sia un minimo riflessiva, di fronte al figlio appena nato oltre allo stupore per quel dono non può non pensare: ecco se ne sta andando, è fatto per staccarsi da me.
"... uno nasce dal ventre di sua madre per uscire e andar lontano, lontano, anche sulla luna." Affezione e dimora p.333
Questo seme è pieno di desideri, è pieno di desiderio. Ma non basta dire così!
Siamo costretti a dire che il seme ci spinge verso qualcosa che realizza questi desideri. E' una spinta assolutamente più potente di quella di qualunque razzo!
Il missile non è cosciente, è l'occhio e la mano di chi l'ha progettato, di Marco Bersanelli insieme a tanti altri scienziati e costruttori. Invece l'uomo può esserlo: c'è un punto nella sua struttura che prevede questa possibilità.
C'è una spinta potentissima e vertiginosa ad accorgermi di questa struttura, a farmi prendere coscienza della mia origine e del mio destino e ad usare di tutti i mezzi che ho a disposizione per centrare questo obiettivo. E' l'avventura della scoperta di quell'universo che sono io stesso.
In questi giorni ci lanceremo in questa avventura, alla scoperta di queste cose. C'è o non c'è questo cuore? C'è o non c'è la risposta? Il solo fatto di essere qui è già una prova. Se la natura mi mette dentro una spinta così perché deve essere considerata una meta così impossibile dal rendere inutile il parlarne e addirittura il viverla? Perciò aiutiamoci a questa lealtà con noi stessi!
"Sono tutto fatto per raggiungere il cielo, per assestarmi nell'orbita prestabilita.
La spinta che ho dentro viene da chi mi ha progettato e poi costruito e mi fa puntare diritto allo scopo".
Provate a pensare: 17 anni ci sono voluti per costruire quel missile con dentro due satelliti per misurare delle differenze impercettibili di temperatura, per fotografare l'universo quando era bambino. Quanto lavoro, quanto studio, quanti secoli per arrivare a questo!
E io? E io che sono? Di che cosa sono fatto? Da dove sorge il mio io? Dove punta?
Quel missile è il nostro cuore. Anzi, "la natura mi mette dentro una spinta assai più potente che non quella di un missile, una spinta così radicale che mi costituisce" Senso Religioso p.81
"Mi accorgo, allora, che la mia origine è come un seme di potente dinamismo che non mi lascia tregua e mi spinge verso un termine ignoto, verso una sponda che sta al di là di tutto quel che vedo, che sta al di là di tutto quel che tocco, che sta al di là di tutto quel che faccio; qualcosa che sta al di là di tutto, che non può essere uniformato al tutto, ma che è assolutamente diverso da tutto. Tanto è vero che questa aspirazione alla bontà, alla giustizia, alla felicita, è ciò che rende l'uomo così diverso da tutto. " Autocoscienza del cosmo p.99s
Una madre, che sia un minimo riflessiva, di fronte al figlio appena nato oltre allo stupore per quel dono non può non pensare: ecco se ne sta andando, è fatto per staccarsi da me.
"... uno nasce dal ventre di sua madre per uscire e andar lontano, lontano, anche sulla luna." Affezione e dimora p.333
Questo seme è pieno di desideri, è pieno di desiderio. Ma non basta dire così!
Siamo costretti a dire che il seme ci spinge verso qualcosa che realizza questi desideri. E' una spinta assolutamente più potente di quella di qualunque razzo!
Il missile non è cosciente, è l'occhio e la mano di chi l'ha progettato, di Marco Bersanelli insieme a tanti altri scienziati e costruttori. Invece l'uomo può esserlo: c'è un punto nella sua struttura che prevede questa possibilità.
C'è una spinta potentissima e vertiginosa ad accorgermi di questa struttura, a farmi prendere coscienza della mia origine e del mio destino e ad usare di tutti i mezzi che ho a disposizione per centrare questo obiettivo. E' l'avventura della scoperta di quell'universo che sono io stesso.
In questi giorni ci lanceremo in questa avventura, alla scoperta di queste cose. C'è o non c'è questo cuore? C'è o non c'è la risposta? Il solo fatto di essere qui è già una prova. Se la natura mi mette dentro una spinta così perché deve essere considerata una meta così impossibile dal rendere inutile il parlarne e addirittura il viverla? Perciò aiutiamoci a questa lealtà con noi stessi!
S.MARTINO DI CASTROZZA 12-18 LUGLIO 2009
GIOVENTU' STUDENTESCA
mercoledì 27 maggio 2009
VACANZE ESTIVE GS
"La vacanza è il tempo più nobile dell'anno, perchè è il momento in cui uno si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita oppure non si impegna affatto con niente e allora, appunto, è sciocco..." L.Giussani
Proposta di una esperienza di bellezza nel rapporto con gli amici e con la realtà della montagna..
VACANZE ESTIVE GS
12 - 19 Luglio 2009
Hotel Majestic
San Martino di Castrozza (Tn)
E' necessario portare indumenti adatti (scarponcini da trekking, maglione, giacca a vento, cappello, occhiali da sole, zainetto), quaderno e penna.
Quota di partecipazione (compreso il viaggio) € 350,00
- Partenza l’ 11 sera, arrivo il 19 mattina
- Iscrizioni e Caparra: entro sabato 13 giugno con € 100
GIORNATA DI FINE ANNO GS
Le circostanze non sono neutre non sono cose che capitano senza alcun senso; cioè non sono cose soltanto da sopportare, da subire stoicamente………………….. ci chiamano, ci sfidano, ci educano.
Quest’anno, quali circostanze ti hanno chiamato, sfidato, educato?
GIORNATA DI FINE ANNO GS
14 Giugno 2009
Monforte San Giorgio fraz. Pellegrino
Santuario della Madonna del Crispino
Quota di partecipazione € 10,00
- Prenotazione con quota entro il 6 Giugno
- Partenza ore 8,30 Chiesa dell’Immacolata
- Conclusione prevista entro le ore 18,00
- Pranzo a sacco
lunedì 18 maggio 2009
TRIDUO GS TESTIMONIANZE
Due belle lettere di testimonianza di gs dopo il triduo, pubblicate sul TRACCE di Maggio 2009 a pag.79
domenica 29 marzo 2009
Invito ai genitori
Cari genitori,
forse questa mia vi sorprenderà alquanto.
Non è usuale, infatti, che un insegnante scriva ai genitori dei propri allievi, se non per rammaricarsi per il rendimento insufficiente o per la disciplina. Né l'una né l'altra cosa, saranno oggetto di queste righe.
Desideravo semplicemente raccontarvi quanto sia stato importante per noi l'anno fin qui trascorso.
Lo studio più o meno fedele o fruttuoso, le ore di lezione a scuola, la giornata a Milazzo con cui abbiamo iniziato l'anno, la colletta alimentare, i pomeriggi danteschi, il dona cibo, l'esperienza con gli anziani a Colle Reale, tutto ha concorso a instaurare un rapporto tra me e i vostri figli, un rapporto educativo che introduce me e loro alla realtà.
Siamo cresciuti nell'attenzione al bisogno dell'altro e verso le nostre persone.
I ragazzi stanno maturando la coscienza che la realtà è carica di un 'ipotesi positiva, cominciano a guardare al loro domani con speranza, una speranza fondata sull ' esperienza di un presente buono per loro.
Paradossalmente, e noi adulti lo sappiamo bene, la speranza da sola non regge, va alimentata e per esserlo è necessario un lavoro, perché senza la fatica l'impeto della speranza è sempre più fioco, fino a scadere nella rassegnazione e nel fatalismo.
A questo punto giunti, desideravamo condividere con voi questo lavoro, questa fatica, che in questo tempo pasquale non può non passare dalla Croce di Cristo e dal Suo calvario in cui il bisogno vero dell'uomo è definito e valorizzato.
Per questo Vi invitiamo a vivere con noi l'esperienza della Via Crucis, memoria del sacrificio di Cristo, che celebreremo Martedì 7 Aprile alle 19,45 presso l'Istituto della suore del Divino Zelo, Annunziata alta (ingresso lato San Licandro).
Colgo l'occasione per porgervi gli auguri di una Pasqua gioiosa nella certezza che Cristo è veramente Risorto.
Prof.ssa Serenella Scuto
forse questa mia vi sorprenderà alquanto.
Non è usuale, infatti, che un insegnante scriva ai genitori dei propri allievi, se non per rammaricarsi per il rendimento insufficiente o per la disciplina. Né l'una né l'altra cosa, saranno oggetto di queste righe.
Desideravo semplicemente raccontarvi quanto sia stato importante per noi l'anno fin qui trascorso.
Lo studio più o meno fedele o fruttuoso, le ore di lezione a scuola, la giornata a Milazzo con cui abbiamo iniziato l'anno, la colletta alimentare, i pomeriggi danteschi, il dona cibo, l'esperienza con gli anziani a Colle Reale, tutto ha concorso a instaurare un rapporto tra me e i vostri figli, un rapporto educativo che introduce me e loro alla realtà.
Siamo cresciuti nell'attenzione al bisogno dell'altro e verso le nostre persone.
I ragazzi stanno maturando la coscienza che la realtà è carica di un 'ipotesi positiva, cominciano a guardare al loro domani con speranza, una speranza fondata sull ' esperienza di un presente buono per loro.
Paradossalmente, e noi adulti lo sappiamo bene, la speranza da sola non regge, va alimentata e per esserlo è necessario un lavoro, perché senza la fatica l'impeto della speranza è sempre più fioco, fino a scadere nella rassegnazione e nel fatalismo.
A questo punto giunti, desideravamo condividere con voi questo lavoro, questa fatica, che in questo tempo pasquale non può non passare dalla Croce di Cristo e dal Suo calvario in cui il bisogno vero dell'uomo è definito e valorizzato.
Per questo Vi invitiamo a vivere con noi l'esperienza della Via Crucis, memoria del sacrificio di Cristo, che celebreremo Martedì 7 Aprile alle 19,45 presso l'Istituto della suore del Divino Zelo, Annunziata alta (ingresso lato San Licandro).
Colgo l'occasione per porgervi gli auguri di una Pasqua gioiosa nella certezza che Cristo è veramente Risorto.
Prof.ssa Serenella Scuto
venerdì 27 febbraio 2009
ELUANA «CI VORREBBE UNA CAREZZA DEL NAZARENO»
«L’esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque » (Enzo Jannacci, Corriere della Sera, 6 febbraio 2009).
Ma una vita come quella di Eluana si può riempire di senso? Ha ancora significato? La morte di Eluana non ha chiuso la porta a queste domande. Anzi. Non è tutto finito, come un fallimento della speranza per chi la voleva ancora in vita, o come una liberazione per chi non riteneva più sopportabile quella situazione. Proprio ora la sfida si fa più radicale per tutti. La morte di Eluana urge come un pungolo: come ciascuno di noi ha collaborato a riempire di senso la sua vita, che contributo ha dato a coloro che erano più direttamente colpiti dalla sua malattia, cominciando da suo padre?
Quando la realtà ci mette alle strette, la nostra misura non è in grado di offrire il senso di cui abbiamo bisogno per andare avanti. Soprattutto, di fronte a circostanze dolorose e ingiuste, che non sembrano destinate a cambiare o a risolversi, viene da domandarsi: che senso ha? La vita non è forse un inganno? Il senso di vuoto avanza, se rimaniamo prigionieri della nostra ragione ridotta a misura, incapace di reggere l’urto della contraddizione. Ci troviamo smarriti e da soli con la nostra impotenza, col sospetto che in fondo tutto è niente. Possiamo «riempire di senso» una vita quando ci troviamo davanti a una persona come Eluana? Possiamo sopportare la sofferenza quando supera la nostra misura? Da soli non ce la facciamo. Occorre imbattersi nella presenza di qualcuno che sperimenti come piena di senso quella vita che noi stessi invece viviamo come un vuoto devastante.
Neanche a Cristo è stato risparmiato lo sgomento del dolore e del male, fino alla morte. Ma che cosa in Lui ha fatto la differenza? Che fosse più bravo? Che avesse più energia morale di noi? No, tanto è vero che nel momento più terribile della prova ha domandato che gli fosse risparmiata la croce. In Cristo è stato sconfitto il sospetto che la vita fosse ultimamente un fallimento: ha vinto il Suo legame col Padre. Benedetto XVI ha ricordato che per sperare «l’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: “Né morte né vita…potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù” (Rm 8,38-39). Se esiste questo amore assoluto con la sua certezza assoluta, allora – soltanto allora – l’uomo è “redento”, qualunque cosa gli accada nel caso particolare» (Spe salvi 26).
La presenza di Cristo è l’unico fatto che può dare senso al dolore e all’ingiustizia. Riconoscere la positività che vince ogni solitudine e violenza è possibile solo grazie all’incontro con persone che testimoniano che la vita vale più della malattia e della morte. Questo sono state per Eluana le suore che l’hanno accudita per tanti anni, perché, come ha detto Jannacci, anche oggi «ci vorrebbe una carezza del Nazareno, avremmo così tanto bisogno di una sua carezza», di quell’uomo che duemila anni fa ha detto, rivolgendosi alla vedova di Nain: «Donna, non piangere!».
10 febbraio 2009 Comunione e Liberazione
Ma una vita come quella di Eluana si può riempire di senso? Ha ancora significato? La morte di Eluana non ha chiuso la porta a queste domande. Anzi. Non è tutto finito, come un fallimento della speranza per chi la voleva ancora in vita, o come una liberazione per chi non riteneva più sopportabile quella situazione. Proprio ora la sfida si fa più radicale per tutti. La morte di Eluana urge come un pungolo: come ciascuno di noi ha collaborato a riempire di senso la sua vita, che contributo ha dato a coloro che erano più direttamente colpiti dalla sua malattia, cominciando da suo padre?
Quando la realtà ci mette alle strette, la nostra misura non è in grado di offrire il senso di cui abbiamo bisogno per andare avanti. Soprattutto, di fronte a circostanze dolorose e ingiuste, che non sembrano destinate a cambiare o a risolversi, viene da domandarsi: che senso ha? La vita non è forse un inganno? Il senso di vuoto avanza, se rimaniamo prigionieri della nostra ragione ridotta a misura, incapace di reggere l’urto della contraddizione. Ci troviamo smarriti e da soli con la nostra impotenza, col sospetto che in fondo tutto è niente. Possiamo «riempire di senso» una vita quando ci troviamo davanti a una persona come Eluana? Possiamo sopportare la sofferenza quando supera la nostra misura? Da soli non ce la facciamo. Occorre imbattersi nella presenza di qualcuno che sperimenti come piena di senso quella vita che noi stessi invece viviamo come un vuoto devastante.
Neanche a Cristo è stato risparmiato lo sgomento del dolore e del male, fino alla morte. Ma che cosa in Lui ha fatto la differenza? Che fosse più bravo? Che avesse più energia morale di noi? No, tanto è vero che nel momento più terribile della prova ha domandato che gli fosse risparmiata la croce. In Cristo è stato sconfitto il sospetto che la vita fosse ultimamente un fallimento: ha vinto il Suo legame col Padre. Benedetto XVI ha ricordato che per sperare «l’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: “Né morte né vita…potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù” (Rm 8,38-39). Se esiste questo amore assoluto con la sua certezza assoluta, allora – soltanto allora – l’uomo è “redento”, qualunque cosa gli accada nel caso particolare» (Spe salvi 26).
La presenza di Cristo è l’unico fatto che può dare senso al dolore e all’ingiustizia. Riconoscere la positività che vince ogni solitudine e violenza è possibile solo grazie all’incontro con persone che testimoniano che la vita vale più della malattia e della morte. Questo sono state per Eluana le suore che l’hanno accudita per tanti anni, perché, come ha detto Jannacci, anche oggi «ci vorrebbe una carezza del Nazareno, avremmo così tanto bisogno di una sua carezza», di quell’uomo che duemila anni fa ha detto, rivolgendosi alla vedova di Nain: «Donna, non piangere!».
10 febbraio 2009 Comunione e Liberazione
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