domenica 9 novembre 2008

GIORNATA A MILAZZO

Per seguire l’interesse della vita, per esserne gli attori:
“o protagonisti o nessuno”
…la scuola è iniziata e anche il nostro cammino….tra contestazioni e desiderio di essere protagonisti, anche noi cerchiamo ciò che corrisponde al nostro cuore….pronti per vivere meglio quest’anno un po’ particolare...


…ti invitiamo a condividere con noi una giornata…giochi, canti e tant’allegria
…poi un giovane prof è disposto a rispondere alle nostre domande…
Domenica 23 Novembre alle ore 9,45 presso sala Paladiana a Milazzo…..
…pranzo a sacco …termine previsto ore 17,30….
….prenotarsi entro Sabato 15 Novembre con caparra di 10 Euro ….

Gioventù Studentesca

venerdì 17 ottobre 2008

IL SENSO DELLA CARITATIVA

LO SCOPO
I Innanzitutto la natura nostra ci dà l'esigenza di interessarci degli altri. Quando c'è qualcosa di bello in noi, noi ci sentiamo spinti a comunicarlo agli altri. Quando si vedono altri che stanno peggio di noi, ci sentiamo spinti ad aiutarli in qualcosa di nostro. Tale esigenza è talmente originale, talmente naturale, che è in noi prima ancora che ne siamo coscienti e noi la chiamiamo giustamente legge dell'esistenza. Noi andiamo in «caritativa» per soddisfare questa esigenza.
II Quanto più noi viviamo questa esigenza e questo dovere, tanto più realizziamo noi stessi; comunicare agli altri ci dà proprio l'esperienza di completare noi stessi. Tanto è vero che, se non riusciamo a dare, ci sentiamo diminuiti. Interessarci degli altri, comunicarci agli altri, ci fa compiere il supremo, anzi unico, dovere della vita, che è realizzare noi stessi, compiere noi stessi. Noi andiamo in «caritativa» per imparare a compiere questo dovere.
III Ma Cristo ci ha fatto capire il perché profondo di tutto ciò svelandoci la legge ultima dell'essere e della vita: la carità. La legge suprema, cioè, del nostro essere è condividere l'essere degli altri, è mettere in comune se stessi. Solo Gesù Cristo ci dice tutto questo, perché Egli sa cos'è ogni cosa, che cos'è Dio da cui nasciamo, che cos'è l'Essere. Tutta la parola «carità» riesco a spiegarmela quando penso che il Figlio di Dio, amandoci, non ci ha mandato le sue ricchezze come avrebbe potuto fare, rivoluzionando la nostra situazione, ma si è fatto misero come noi, ha «condiviso» la nostra nullità. Noi andiamo in «caritativa» per imparare a vivere come Cristo.
LE CONSEGUENZE
I La carità è legge dell'essere e viene prima di ogni simpatia e di ogni commozione. Perciò il fare per gli altri è nudo e può essere privo di entusiasmo. Potrebbe benissimo non esserci nessun risultato cosiddetto «concreto» - per noi l'unico atteggiamento «concreto» è l'attenzione alla persona, la considerazione della persona, cioè l'amore. Tutto il resto può venire di conseguenza: come Gesù che dopo fece i miracoli e sfamò la gente. Due punti di partenza non chiari per la nostra apertura agli altri noi dobbiamo notare: 1. Sovvenire ai bisogni altrui. È un punto di partenza ancora incompleto! Qual è il bisogno altrui? Questa impostazione è ambigua, dipende da cosa noi crediamo che sia il bisogno altrui: e se ciò che io porto non è veramente quello di cui essi hanno bisogno? Ciò di cui hanno veramente bisogno non lo so io, non lo misuro io, non ce l'ho io. È una misura che non possiedo io: è una misura che sta in Dio. Perciò le «leggi» e le «giustizia» possono schiacciare, se dimenticassero o pretendessero sostituirlo, l'unico «concreto» che ci sia: la persona, e l'amore alla persona. 2. L'amicizia. Anche cominciare puntando sull'amicizia, con tutta l'ambiguità che ci può comportare, è incompleto. L'amicizia è una corrispondenza che si può trovare o no, un avvenimento non essenziale per la nostra azione di oggi, anche se essenziale per il nostro destino finale.
II L'andare agli altri liberamente, il condividere un po' della loro vita e il mettere in comune un po' della nostra, ci fa scoprire una cosa sublime e misteriosa (sì capisce facendo!). È la scoperta del fatto che proprio perché li amiamo, non siamo noi a farli contenti; e che neppure la più perfetta società, l'organismo legalmente più saldo e avveduto, la ricchezza più ingente, la salute più di ferro, la bellezza più pura, la civiltà più educata li potrà mai fare contenti. È un Altro che li può fare contenti. - Chi è la ragione di tutto? Chi ha fatto tutto? Dio. Allora Gesù non rimane più soltanto colui che mi annuncia la parola più vera, che mi spiega la legge della mia realtà, non è più la luce della mia mente soltanto: io scopro che Cristo è il senso della mia vita. È bellissima la testimonianza di chi ha sperimentato questo valore: «Io continuo ad andare in caritativa perché tutta la mia e la loro sofferenza hanno un senso». Sperando in Cristo, tutto ha un senso, Cristo. Questo scopro, finalmente, nell'ambito dove vado in «caritativa», proprio attraverso l'impotenza finale del mio amore: ed è l'esperienza in cui l'intelligenza affonda nella saggezza, nella cultura vera.
III Ma il Cristo è presente adesso: non «è stato», non «è nato», ma «c'è», «nasce» oggi: è la Chiesa. La Chiesa è il Cristo, presente adesso, come Lui ha voluto. E la Chiesa è la comunità di noi, proprio di noi, poveri e attaccati a Lui. Perciò la speranza ci sostiene; Dio stesso è tra noi, è presente tra noi. Uno di noi, in una discussione ha detto: «Continuo ad andare a .... perché ci siete voi». È verissimo: proprio il senso del nostro essere insieme, della comunità ecclesiale, ci fa tirare avanti oggi fra gli handicappati, negli ospizi, con chiunque è bisognoso e, domani, nella fabbrica, nella città, in Europa, nel Mondo che è così grande e Lo aspetta.
LE DIRETTIVE
Riferirsi continuamente al movimento, altrimenti è più grande il pericolo di smarrire la ricerca dell'idea profonda che ci sostiene nel fare per gli altri; e più grande è il pericolo di scoraggiamenti, stanchezza o infedeltà. La fedeltà nel fidarsi delle indicazioni del movimento e di coloro che ne sono i responsabili è il primo merito e avrà il suo frutto. Le direttive che al riguardo Comunione e Liberazione dà sono tre: 1. Sapere perché. Finché non sapremo bene, con chiarezza e semplicità il perché ultimo, lo scopo del nostro fare, fino allora non bisognerà mai stare quieti. Il nostro scopo è tirar fuori da quel che facciamo il senso, l'idea, per la quale esclusivamente potremo riuscire ad essere fedeli, quando non saremo più entusiasti o non provassimo più gusto. Occorrerà quindi dialogare nelle nostre assemblee, a gruppetti, con i responsabili della comunità, con le persone più mature e vive. Soprattutto revisionarsi ogni tanto attraverso contatti «centrali».
2. Fare per comprendere. Per capire non basta sapere, occorre fare, con quel coraggio, della libertà, che è aderire all'essere che si vede, cioè alla verità. Se la legge dell'esistenza è mettere in comune se stessi, noi dovremmo condividere tutto, ogni istante. Questa è la maturità suprema, che si chiama umanità o santità. Per educarci a questo ideale, l'esserci costretti dalle circostanze (il «dovere» nel senso solito) serve molto più difficoltosamente. È il piccolo tempo libero che mi educa; ciò che dà l'esatta misura della mia disponibilità agli altri è, l'uso di quel tempo che è solo mio, in cui posso fare «ciò che ho voglia». Ci formiamo così una mentalità, un modo quasi istintivo di concepire la vita tutta come un condividere. Il piccolo tempo libero redime tutto il resto. E, adagio adagio, andando in «caritativa» si incomincia a capire di più il compagno di banco, il papà e la mamma, il collega di lavoro. È soprattutto l'età della giovinezza il momento unico in cui possiamo con agilità, almeno normalmente, assimilare questa mentalità. Ed è solo cominciando a fare, a donare del tempo libero come integrale gesto di libertà, che la carità cristiana diventerà mentalità, convinzione, dimensione permanente. È da notare che a noi non interessa tanto la molteplicità delle attività, la quantità del tempo libero che si dedica. A noi interessa che nella nostra vita e nella nostra coscienza si affermi il principio del condividere attraverso almeno qualche gesto, anche minimo, purché sia sistematicamente messo in preventivo e realizzato. Per questo basterebbe, come inizio, anche una volta al mese. Anche per quanto riguarda la periodicità dell'impegno è bene consultare chi nella comunità può correttamente consigliarci.
3. Ordine. È il tempo libero che dobbiamo impegnare (e il più a fondo possibile). Duplice è il limite che mantiene nell'ordine la genialità del tempo libero: a) Non ledere lo studio (o il lavoro). b) Non venir meno alla discrezione in famiglia. Anche qui sarà il personale dialogo con l'autorità familiare e con l'autorità nel movimento che ti aiuterà a raggiungere un criterio per definire il tuo tempo libero.
Da "Realtà e giovinezza La sfida" SEI Luigi Giussani Pg.192-196

Caritativa
La proposta della caritativa, che a cominciare dai primissimi giessini ha coinvolto decine di migliaia di giovani e di adulti, è sempre stata motivata in modo chiaro. Non si tratta di dar corso ad azioni filantropiche o di pretendere di offrire con tali iniziative risposte esaurienti a necessità spesso vaste e complesse, bensì di imparare, attraverso la fedeltà ad un gesto esemplare, che la legge ultima dell’esistenza è la carità, la gratuità. Da tale “scuola” di gratuità è nata in Italia e nel mondo, per iniziativa libera e responsabile di ciellini o grazie alla loro collaborazione, una serie fittissima di attività piccole e grandi a scopo caritativo, nei campi più disparati: dal catechismo ai bambini in oratorio al fare compagnia agli anziani negli ospizi, dall’accoglienza in famiglia di bambini o di persone in difficoltà alla creazione di vere e proprie case-famiglia per casi difficili (ragazze-madri, tossicodipendenti, psicolabili, handicappati, malati di AIDS e terminali); dalla creazione di imprese dedicate all’inserimento lavorativo dei portatori di handicap alla fondazione di organismi non governativi per progetti di sviluppo e di assistenza nei Paesi poveri (ad esempio, AVSI in Italia, Ente riconosciuto dall’ONU, e CESAL in Spagna); dalla costituzione di Fondazioni come il Banco Alimentare (che fornisce il vitto quotidiano a quasi un milione di poveri in Italia ricavandolo dal surplus di produzione alimentare di medie e grandi industrie) alla creazione di Centri di solidarietà, ove si favorisce l’aiuto alla ricerca di lavoro per giovani (e meno giovani) disoccupati; dalla assistenza nelle carceri minorili d’Africa e d’America Latina al semplice sostegno economico di famiglie in difficoltà.Trattandosi in moltissimi casi di opere che uniscono allo scopo caritativo un’organizzazione di genere aziendale, si può dire che queste iniziative riprendano, in chiave attuale e spesso sotto l’egida di quel che viene chiamato settore non profit, la tradizione delle grandi opere caritative che ha segnato la storia della cristianità.
Dal Sito di Comunione e Liberazione

Incontro GS di Sabato 18

Ciao a tutti,
Sabato alle 16, in sede, ci incontriamo su uno dei temi più belli di GS: la Caritativa. Leggete il testo seguente e preparatevi all’incontro.

“[…]Quando c'è qualcosa di bello in noi, noi ci sentiamo spinti a comunicarlo agli altri. Quando si vedono altri che stanno peggio di noi, ci sentiamo spinti ad aiutarli in qualcosa di nostro. Tale esigenza è talmente originale, talmente naturale, che è in noi prima ancora che ne siamo coscienti e noi la chiamiamo giustamente legge dell'esistenza. […]
Quanto più noi viviamo questa esigenza e questo dovere, tanto più realizziamo noi stessi; comunicare agli altri ci dà proprio l'esperienza di completare noi stessi. […]
Interessarci degli altri, comunicarci agli altri, ci fa compiere il supremo, anzi unico, dovere della vita, che è realizzare noi stessi, compiere noi stessi. […]
La legge suprema, cioè, del nostro essere è condividere l'essere degli altri, è mettere in comune se stessi. […]”
(Luigi Giussani – “Il senso della caritativa”)

In che modo queste parole trovano riscontro nella tua esperienza?
Cosa può aiutarci a costruire la nostra umanità, e quindi a realizzare pienamente noi stessi?

I canti che pensavamo sono:
La canzone della Bassa (Pag. 82 del Libro dei canti nuovo)
Balada de caridade (Pag. 70 del Libro dei canti nuovo)
E mi veniva in mente anche
Mattone su mattone (Pag. 86 del Libro dei canti nuovo)

In allegato vi metto tutto il Libretto di Giussani: Il Senso della Caritativa

Buon Lavoro da Filippo

domenica 31 agosto 2008

O PROTAGONISTI O NESSUNO

“O protagonisti o nessuno”, dice il titolo del Meeting 2008, mettendo a tema la più drammatica delle alternative, quella che brucia sulla pelle di ciascuno: il bivio tra la riuscita di una vita, la sua perfezione e il suo fallimento; tra il desiderio di emergere, di affermarsi e l’amara delusione del sentirsi nullità, numero o rotellina di un ingranaggio.
Anni fa aveva suscitato scalpore l’episodio narrato da Marco Lodoli in un articolo su “La Repubblica”: “La ragazza raccontava di volersi comprare un paio di mutande di Dolce e Gabbana, con quei nomi stampati sull’elastico che deve occhieggiare bene in vista fuori dai pantaloni a vita bassa. Io le obiettavo che lungo la Tuscolana, alle sei di pomeriggio, passeggiano decine e decine di ragazze vestite così.
Non è un po’ triste ripetere le scelte di tutti, rinunciare ad avere una personalità, arrendersi a una moda pensata da altri? E da bravo professore un po’ pedante le citavo una frase di Jung:“Una vita che non si individua è una vita sprecata”. Insomma, facevo la mia solita parte di insegnante che depreca la cultura di massa e invita ogni studente a cercare la propria strada, perché tutti abbiamo una strada da compiere.
A questo punto lei mi ha esposto il suo ragionamento, chiaro e scioccante: “Professore, ma non ha capito che oggi solo pochissimi possono permettersi di avere una personalità? I cantanti, i calciatori, le attrici, la gente che sta in televisione, loro esistono veramente e fanno quello che vogliono, ma tutti gli altri non sono niente e non saranno mai niente. Io l’ho capito fin da quando ero piccola così. La nostra sarà una vita inutile. Mi fanno ridere le mie amiche che discutono se nella loro comitiva è meglio quel ragazzo moro o quell’altro biondo. Non cambia niente, sono due nullità identiche. Noi possiamo solo comprarci delle mutande uguali a quelle di tutti gli altri, non abbiamo nessuna speranza di distinguerci. Noi siamo la massa informe”.
Don Giussani, riflettendo sulla condizione umana, raccontava l’impressione in lui suscitata dalla lettura del Salmo 8: “Quando sono entrato in seminario, a dieci anni, una delle cose che più mi ha colpito, i primi giorni, leggendo il piccolo breviario della Santissima Vergine, come si usava allora, nel Salmo 8, è stato sentirmi dire, insieme agli altri piccoli compagni: «Che cosa è mai l’uomo perché te ne ricordi?». Da allora questa frase mi è rimasta impressa nel cuore: «E il figlio dell’uomo perché te ne curi?». Infatti anche allora mi parve evidente che l’uomo è come un fuscello dentro un vortice, una fragilità grande, come un grano di polvere sotto il vento, sotto i colpi del vento. E non è solo una fragilità: in noi è anche un’incoerenza, e perciò una dissipazione di forze e una divisione di sé, così che uno non riesce ad acchiappare tutto per farlo una unità.
L’uomo è proprio povero! Chi, alla fine di una giornata, sente la sua energia umana come protagonista riuscito nello sforzo umano della giornata passata? Nessuno. Allora è per questo che noi ci abbandoniamo tanto alla distrazione e alla smemoratezza: per evitare la delusione.”
Chi o che cosa può salvare l’uomo dal senso di futilità e di inutilità che viene a galla nelle sue giornate, e che spesso colora di sé i bilanci di una vita?
“Il titolo del Meeting 2008 vuole riflettere sul concetto di persona ponendo innanzitutto una sfida e al tempo stesso una provocazione alla mentalità dominante:
“Chi è il protagonista oggi?”. Il protagonista è un moderno divo che ricerca nella propria illusoria autonomia, nella rescissione di ogni legame, la propria felicità, rischiando l’inevitabile omologazione che gli deriva da un effimero successo mondano? Oppure il protagonista è un uomo stupito che fa la scoperta commovente dell’unicità e dell’irripetibilità che caratterizzano il proprio volto e che, in virtù di questo riconoscimento, è in rapporto con il proprio destino dentro alla realtà di ogni giorno?” (Anteprima Meeting).
“Crocevia tra l’essere e il nulla”: la provocazione del Meeting non poteva essere più radicale.
Siamo alle frontiere della battaglia per l’umano, come sottolinea in una intervista Marco Bersanelli, nel numero estivo di “Tracce” 2008: “C’è un rischio globale di cui non si parla e che forse è ancora più insidioso [dei rischi ambientali del nostro secolo]: il rischio dello svuotamento della persona, della scomparsa dell’io. E’ sempre più raro trovare persone che percepiscono il senso della propria irriducibilità, dell’unicità di ogni esistenza umana... In un mare infinito di possibilità equivalenti siamo apparentemente più liberi, ma in mancanza di un invito alla persona, in realtà, siamo ancora più confusi. La persona è umiliata, non percepisce uno scopo, al punto che per sentire di esistere crede di doversi sacrificare per qualche briciola del potere e della fama che alcuni fortunati hanno a tonnellate”. Chi è allora il “protagonista”? E’ sempre Bersanelli a introdurre una risposta, che il Meeting si incaricherà di svolgere:
“Protagonista è l’uomo libero, consapevole di se stesso nel rapporto con il reale. Significa sorprendere nella propria esperienza qualcosa di irriducibile, un’attesa, una capacità di infinito che sfonda qualunque riduzione sociologica o pseudo-scientifica, e che ci fa ribellare a qualunque schema che pretenda di definire la persona... Questa coscienza di sé... è ridestata da qualcosa che capita fuori di noi, da un incontro. Ciò che fa ritrovare se stessi è un amore incontrato, una presenza in cui ci si imbatte e che afferma gratuitamente il tuo essere. Uno che si sente guardato così diventa un soggetto instancabile, un protagonista di positività, tenderà a costruire pezzi di mondo migliore nelle circostanze che vive, magari senza accorgersene.”
Da quando il cristianesimo è entrato nel mondo, questo “protagonista” vive per grazia nella storia e si può incontrare! Consapevolezza di sé, gratitudine e operosità lo contraddistinguono. E’ il camminatore instancabile che comincia a rispondere all’invito così formulato da Giovanni Paolo II: “Non lasciatevi vivere, ma prendete nelle vostre mani la vostra vita e vogliate decidere di farne un autentico e personale capolavoro!” (Genova, Discorso ai giovani, 22 settembre 1985).

Autore: Leonardi, Enrico Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it

giovedì 7 agosto 2008

Come è nata Gs

Ecco cosa ha scritto una ragazza di Gs a un’amica
Cara Letizia, come stai? Io molto bene. Come promesso vi ho mandato un piccolo regalo, ma che per me è molto speciale perché ricorda una fantastica vacanza trascorsa con i miei più cari amici: gli amici di Gs. Cos’è Gs? Beh devi sapere che quasi cinquant’anni fa un giovane prete di nome don Luigi Giussani ha insegnato al Liceo classico Berchet di Milano e ha fondato un movimento di studenti di nome Gs (Gioventù Studentesca); in seguito ha creato Cl (Comunione e Liberazione) e infine il Clu (Comunione e Liberazione Universitari). Gs e Cl sono nati perché don Giussani e i suoi alunni erano, come lo siamo io e i miei amici, alla ricerca di una bellezza assoluta quale è possibile incontrare solo in Gesù. Ciò ti può sembrare difficile, ma il don Gius, come noi tutti lo chiamiamo, ci ha insegnato che questo incontro con Gesù è possibile farlo solo nella Chiesa, attraverso i volti di coloro che ce lo rendono presente, in particolare gli amici. So che per te ora può essere un concetto piuttosto difficile, perché all’inizio lo era anche per me, ma se ci pensi bene tutti noi abbiamo dentro al cuore un grido che richiama questo desiderio di bellezza, che però non può trovare semplicemente risposta nelle cose di tutti i giorni, ma in Cristo che crea e dà valore a tutte le cose. Questa bellezza, questo incontro, io l’ho fatto quando nei momenti più difficili della mia vita i miei amici mi sono stati vicini fino in fondo senza guardare ai miei errori, ai miei difetti, ma guardando, anzi tenendo sempre a mente ciò che c’è nel mio cuore: amore, amore vero e gratitudine verso ognuno di loro: «Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici». Ed è questo che io ti auguro: che tu possa trovare un’amicizia vera che ti aiuti nella vita di tutti i giorni. A presto.
Caterina, Buccinasco